(Sète 1871 - Parigi 1945) poeta e saggista francese. Prima vocazione poetica e crisi intellettuale Di madre italiana e padre corso, ebbe precocemente quella consuetudine col mare e col paesaggio mediterraneo che tante immagini e spunti di meditazione avrebbero suggerito alla sua opera. Studiò alla facoltà di legge di Montpellier: lì strinse amicizia con P. Louys, che lo mise in contatto con A. Gide e S. Mallarmé. Incoraggiato da quest’ultimo, pubblicò alcune poesie su una rivista simbolista, «La Conque»; altre ne scrisse fino al 1896. Le sue letture (Baudelaire, Poe, Huysmans) sembravano testimoniare di una sicura vocazione letteraria; ma nel 1892 ebbe una violenta crisi (la famosa «notte di Genova», paragonata dai biografi alla «notte» di B. Pascal), insieme sentimentale e intellettuale, in seguito alla quale decise di interrompere l’attività poetica. V. stesso definì fondamentale questo momento della sua esperienza, perché allora si erano infranti gli «idoli» dell’amore e della poesia: idoli ripugnanti, che mettono in moto le forze più oscure e incontrollabili della personalità; «cose vaghe», che appannano la lucidità sovrana dell’intelletto. E proprio rigore e lucidità sembrano essere, per V., gli unici valori che meritino di essere perseguiti. L’intelligenza deve applicarsi ad analizzare i meccanismi e le condizioni del suo proprio funzionamento. Monsieur Teste o l’eccesso di consapevolezza Trasferitosi a Parigi, V. si dedicò a intensi studi di matematica; i primi risultati delle sue meditazioni trovano espressione nella Introduzione al metodo di Leonardo da Vinci (Introduction à la méthode de Léonard de Vinci, 1895). Leonardo, personaggio-mito, rappresenta qui lo spirito universale capace di cogliere le più complesse e sottili connessioni tra i fenomeni e per il quale non esistono i confini tradizionali tra il razionale e l’estetico. Altro mito in qualche misura autobiografico è monsieur Teste, il personaggio intorno al quale si impernia La serata con il signor Teste (La soirée avec M. Teste, 1896): Teste rappresenta l’uomo perfettamente padrone della sua vita mentale, la coscienza lucida e assoluta, non turbata da passioni o desideri. A Parigi, V. entrò come impiegato al ministero della guerra e divenne poi segretario del direttore dell’agenzia Havas. Il «silenzio della poesia» durò circa vent’anni, fino al 1917: in quell’anno, dietro insistenza di Gide, V. pubblicò La giovane Parca (La jeune Parque). «La giovane parca» e «Il cimitero marino» Anche se mantiene le sue riserve sulla poesia in quanto attività «mista», in cui entrano, cioè, anche l’irrazionale e l’impreciso, l’esercizio poetico attrae V. per il suo aspetto di «gioco difficile»: per questo egli moltiplica i vincoli metrici, le allitterazioni, le assonanze. Il tema della Giovane Parca è il risveglio progressivo della coscienza, anzi dell’autocoscienza, ebbra di assoluto, in lotta contro l’appello dei sensi. Dopo questo primo grande risultato, V. compone il poema Il cimitero marino (Le cimetière marin, 1920), una meditazione sulla vita e sulla morte tradotta in immagini di straordinaria luminosità. Nello stesso anno pubblica col titolo di Album di versi antichi (Album de vers anciens) circa venti poesie giovanili. Nel 1922 uscì la raccolta poetica più importante, Charmes, titolo che equivale al latino «carmina», insieme canto e incanto, magia. I temi di questa raccolta riguardano quello che V. chiama il «dramma dell’intelligenza» nel suo sforzo di conoscere: le speranze, le attese, le tentazioni dell’autocoscienza e della scienza, l’appello della vita e dei sensi. Nonostante la cerebralità dei temi, le poesie risultano raramente aride, per la peculiare capacità di V. di associare il pensiero a immagini di sensualità avida e prontissima. Dai suoi quaderni di appunti trasse diversi volumi saggistici: Anacleta (1921), Sguardi sul mondo attuale (Regards sur le monde actuel, 1931), Cattivi pensieri (Mauvaises pensées, 1943), Tal quale (Tel quel, 1941-43). Il poeta ufficiale Dal 1923 fino alla morte V. accettò il ruolo di letterato ufficiale: nel 1925 fu eletto all’Académie Française, e dal 1937 tenne corsi al Collège de France. Viaggiò molto, tenne conferenze, molte delle quali sono raccolte nei volumi di Varietà (Variétés, 5 voll., 1924-44). Il rapporto tra esistenza e conoscenza, tra l’io e il mondo, è ancora il tema dei suoi abbozzi teatrali dell’ultimo ventennio, pubblicati postumi (1945) sotto il titolo complessivo di Il mio Faust (Mon Faust): Lust e Il solitario (Le solitaire). A ravvivare l’interesse per la sua figura di pensatore − alla quale si ricollegavano due testi importanti sui temi della conoscenza e del metodo come Eupalinos o dell’architettura (Eupalinos ou l’architecte, 1921) e L’anima e la danza (L’âme et la danse, 1923) − sono usciti postumi il saggio Descartes (1961) e una edizione fotostatica dei suoi Quaderni (Cahiers, 1963) contenenti le osservazioni sui fenomeni mentali, l’attenzione, la coscienza, il sogno, il linguaggio, che V. andò annotando durante la sua esistenza.